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Love MI, Shakerando e il trend dei cantanti che non cantano: l’analisi di una Millennial

Il commento di una Millennial (un po’ boomer) di fronte a rapper con il borsello che non rappano. Sono questi cantanti un prodotto della pandemia oppure siamo noi che siamo troppo vecchi?

di Beatrice Anfossi | 29 Giugno 2022
Rhove, Love Mi | Piazza Duomo, Milano - Foto: Ufficio stampa / ph. Prandoni

Martedì sera il concerto gratuito LOVE MI, organizzato dalla Fondazione Fedez in favore di Amici di TOG, ha portato in piazza Duomo a Milano 20.000 persone. A queste si sono aggiunti i 1.440.000 spettatori che hanno potuto seguire su Italia 1 la diretta di sei ore di musica, in cui a esibirsi sul palco sono stati cantanti più e meno famosi, o meglio, conosciuti e ascoltati da target tra loro diversi. Dalle hit del momento a canzoni dei primi anni Duemila, in un viaggio con la giusta dose di amarcord, per accontentare un po’ tutti.

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Una triade però in particolare si è fatta notare, almeno da una boomer 26enne quale mi ritengo: RhovePakyShiva. E no, non stiamo parlando di una qualche trinità induista, ma di tre dei volti più giovani (e famosi) della nuova scena rap italiana. Il primo lo avrete sicuramente ascoltato vostro malgrado, in quanto autore di una delle canzoni più odiosamente canticchiabili dell’ultimo periodo: Shakerando. Un susseguirsi di parole senza senso, con un ritornello così assurdo da diventare geniale e una melodia fin da subito destinata a far ancheggiare anche i più stoici. 

Ebbene, da non fan del rap e (pentita) ascoltatrice entusiasta di Shakerando, di fronte alle esibizioni sul palco di LOVE MI – unite a una rapida carrellata di qualche video su YouTube di altre apparizioni live dei rapper in questione – quello che mi sono chiesta è: “Che ne è stato dei cantanti che cantano?”. Negli ultimi anni abbiamo sdoganato l’autotune e qualsiasi altro strumento di manipolazione della voce che consenta anche ai meno dotati di tenere il palco in maniera più che dignitosa, abbiamo anche appurato – ma questo è un discorso vecchio come il mondo – che per avere successo ed essere considerati cantanti non bisogna per forza avere doti tecniche impeccabili, soprattutto in un genere come il rap, o la tanto in voga trap.

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Paky, Love Mi | Piazza Duomo, Milano

Paky, Love Mi | Piazza Duomo, Milano – Foto: Ufficio stampa / ph. Francesco Prandoni

 

Il problema, però, è che ormai non ci si prende neanche più la briga di cantare. Aiutati da una folla urlante che non manca una parola – sicuramente per merito di canzoni riuscite – questi rapper non rappano. Si limitano a pronunciare qualche sillaba qua e là, corredata da entusiastici “come fa?”. Qualcuno poi, come Rhove, viene accompagnato sul palco da cinque o sei figuri saltellanti che non hanno alcun ruolo se non buttare tutto in caciara e distogliere l’attenzione dal fatto che non ci sia nessuna esibizione. Soltanto un’esagitazione generale che gode dell’ottimo successo che le canzoni hanno avuto grazie allo streaming, alla viralità dei social network, in alcuni casi ancora delle radio. Ma saranno quindi questi cantanti una sorta di sottoprodotto della pandemia? Sembra quasi che in questi due anni la musica sia rimasta così a lungo confinata allo streaming da risputare fuori fenomeni che hanno perso ogni contatto con il live, se mai lo abbiano avuto.

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Scopo della musica è intrattenere e non c’è dubbio che Shiva, Paky e Rhove lo sappiano fare molto bene. Quello che rimane interessante, a questo punto, è osservare quanto il divario generazionale si faccia marcato di fronte a questi fenomeni. Shakerando – e continuiamo a citare questa canzone perché è quella, per così dire, più “pop” – è a suo modo una canzone trasversale. Potranno non comprenderla pienamente, ma probabilmente dopo il terzo ascolto la canteranno sia il bambino di 3 anni che mia madre. Non a caso Rhove è rimasto primo in classifica su Spotify per settimane e settimane. Di fronte a queste esibizioni sconclusionate però qualsiasi over 18 finisce per storcere il naso, confuso e quasi tramortito dalla loro totale mancanza di senso. La domanda quindi è, saremo semplicemente noi ad abituarci a questo nuovo trend oppure ad un certo punto anche loro inizieranno a cantare?

Nel frattempo, i Millenials devono ancora riprendersi dal fatto che dopo l’euforia generale per Rozzi di Paky nessuno (o quasi) abbia cantato Spirale ovale. Beati anni Duemila.