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Luna Park: la serie italiana dedicata agli anni ’60 è un trionfo di banalità

Nella cornice degli anni Sessanta italiani, tra attori-divi e il richiamo luccicante della televisione, la serie narra una storia drammatica ma che, nel racconto, finisce per sembrare grottesca e finta

di Sara Radegonda | 9 Ottobre 2021
LUNA PARK (L to R) SIMONA TABASCO as NORA and LIA GRIECO as ROSA in episode 105 of LUNA PARK Cr. ANDREA MICONI/NETFLIX © 2021

Tra la magia di un Luna Park e l’atmosfera onirica della Dolce Vita, prende vita la storia di Nora Marini, una giovane giostraia interpretata da Simona Tabasco, e di Rosa Gabrielli (Lia Grieco) una ragazza appartenente ad una famiglia benestante della Roma bene. Il loro incontro fortuito, all’interno di una tenda del parco giochi dove Nora legge le carte, innesca un intreccio di intrighi e segreti che porterà alla luce una scomoda verità. Infatti sin dai primi minuti si scopre che le due ragazze sono non solo sorelle ma gemelle, e che dunque Nora era stata rapita da bambina da quelli che aveva sempre considerato i suoi veri genitori.

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Dal momento della scoperta Nora si trova tra due fuochi: da un lato vorrebbe sapere tutta la verità, dall’altro non vorrebbe infrangere l’amore e la memoria di sua madre Stella (quella che l’ha cresciuta), interpretata da Ludovica Martino, morta quando lei era ancora piccola. Alla fine però la voglia di verità avrà la meglio e in un’intera puntata flashback, la nonna Mirande (Milvia Marigliano) le racconterà la sua vera storia. Parallelamente alla storia delle due sorelle la narrazione si arricchisce di un disorientante rumore di sottofondo con personaggi secondari come Giggi, il fratello di Rosa (e Nora), alle prese con la sua carriera televisiva, e Simone, costretto a nascondersi dopo aver assistito all’omicidio di una giovane ragazza, per mano di un divo della tv (collega di Giggi).

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LUNA PARK (L to R) LUDOVICA MARTINO as STELLA in episode 104 of LUNA PARK Cr. ANDREA MICONI/NETFLIX © 2021

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Il “segreto” di Rosa e Nora viene trascinato in modo artefatto per tutta la durata dei sei episodi per poi sfociare in un finale dal cliffhanger mancato. Lo spettatore, infatti, viene subito a conoscenza del vero motore della storia – ovvero che del legame che lega le due ragazze – e inizia a ricercarne il momento dell’exploit – la scoperta della verità – che, però, arriva troppo tardi e senza neanche con un pathos, degno di una serie classificata come drammatica. La constante di questa serie è la confusione: si alternano infatti puntate ricche di dettagli ad altre che procedono solo per inerzia.

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Luna Park Netflix recensione: la bellezza della scenografia svanisce nella confusione della storia

Ci sono tanti elementi che in questa serie non funzionano, forse troppi. In generale è la mancata cura del dettaglio minimo, non tanto nella fotografia, bensì nella costruzione della storia e dei personaggi. Isabella Aguilar (sceneggiatrice della serie) aveva dichiarato di aver scelto gli anni ’60 perché “sono stati poco raccontati o meglio poco ri-raccontati. Ho voluto ri-raccontarlo in chiave divertita, ironica, citazionista, riprendendo anche il cinema di quegli anni e giocandoci”. Ma allora se gli episodi volevano essere un omaggio al periodo della Dolce Vita, come mai le canzoni scelte come colonna sonora sono principalmente degli anni ’90? Un elemento apparentemente insignificante ma che, sommato a tanti altri refusi, non ci lascia altro della serie che un amaro ricordo.

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LUNA PARK (L to R) GUGLIELMO POGGI as GIGGI and GIULIO CORSO as SANDRO RALLI in episode 105 of LUNA PARK Cr. ANDREA MICONI/NETFLIX © 2021