x

x

Guè conquista la copertina di GQ: “La viralità? Mi sembra un tentativo di barare”

Così Guè commenta in un’intervista rilasciata a GQ Italia il tentativo ossessivo di diventare virali per fare numeri più velocemente, prendendosela anche con la tendenza di alcuni a sfruttare personaggi già noti nel mondo dei social

di Beatrice Anfossi | 1 Marzo 2023
Foto: GQ Italia - n. 267 Marzo 2023

Guè è tornato, sembra per restare: a due anni dal suo ultimo progetto è uscito infatti Madreperla, il nuovo album ricco di featuring e singoli diventati già hit, come Mollami parte 2. Per l’occasione, il rapper ha posato per la copertina di GQ Italia, rilasciando un’intervista in cui non ha fatto mancare frecciatine più o meno velate. Uno dei temi trattati, forse il più interessante, è il concetto di viralità: lo sforzo dei cantanti di oggi di far fare grandi numeri ai propri prodotti, sfruttando soprattutto il canale ormai mainstream dei social media e, in alcuni casi, il rischio di produrre musica a tratti standardizzata.

LEGGI ANCHE > Ed Sheeran annuncia l’uscita del nuovo album: “Ero in preda alla paura, alla depressione e all’ansia”

Ed è proprio sul tema del mainstream che Guè dice la sua: “Oggi la distinzione non è più tanto fra underground e commerciale, fra nicchia e mainstream, ma è tra forte o non forte. Il punto è che cosa intendiamo per forte. Il mercato musicale e i gusti cambiano così velocemente, e sono così influenzati dal modo in cui tutti consumiamo i prodotti culturali e i contenuti, che oggi forte spesso è sinonimo di virale”. Non è rara infatti la percezione che alcune canzoni, forse più oltreoceano che in Italia, vengano scritte e prodotte appositamente affinché abbiano successo sulle piattaforme social, TikTok sopra tutte.

guè gq italia

Foto: GQ Italia – n. 267 Marzo 2023

 

Quindi continua Guè: “La viralità è il modo più veloce di fare i numeri. E i numeri sono diventati il metro di misura della musica che fai, anche per volere, giustamente forse, degli stessi artisti che li sbandierano. Non ci sarebbe niente di male, intendiamoci, a patto però che non sia l’unico modo per giudicare la musica […] Io sono sempre contento di vendere dischi, però alla fine tutta questa ricerca della viralità la vivo un po’ come un tentativo di barare. Se per diventare virale come artista musicale inviti un’influencer a casa tua, se vai a mangiarti il sushi con le TikToker, molti ci si sono addirittura fidanzati, diventa un po’ un incubo, una roba distopica”.

LEGGI ANCHE > Paola&Chiara, il balletto di “Furore” fa impazzire il web: arriva il tutorial su TikTok

Il messaggio che sembra passare è chiaro: sempre e comunque priorità alla qualità della musica, senza trucchetti o sovrastrutture. Ma è ancora possibile al giorno d’oggi separare i personaggi social dalla loro musica? Quando i cantanti smettono di essere tali e diventano influencer? Il confine è labile ed è inevitabile che una dinamica influenzi l’altra senza soluzione di continuità. Anzi, Guè auspica proprio ad una maggiore integrazione del mondo del rap con quello delle aziende e dei brand, soprattutto di moda: “Succederà prima o poi, o almeno lo spero, che un qualche grande gruppo in Italia prenda un Fabri Fibra o un Marracash e lo metta a fare il direttore creativo di questo o quel brand o etichetta o altro. Perché l’hip hop invecchi bene anche da noi manca questo, manca l’accettazione definitiva a livello corporate e industriale”. È successo con Pharrell Williams per Louis Vuitton, ci arriveremo anche qui?

LEGGI ANCHE > Pharrell Williams accoglie l’eredità di Virgil Abloh: è lui il nuovo direttore creativo di Louis Vuitton