Giorgio Locatelli, lo chef dice la sua: “I giovani? Li giudichi chi la gavetta l’ha fatta davvero”

Abbiamo incontrato Giorgio Locatelli in occasione del lancio del suo nuovo programma in solitaria, Home Restaurant. Ci ha raccontato la sua esperienza come chef, come personaggio televisivo e come imprenditore

di Beatrice Anfossi | 20 Maggio 2022
Foto: Ufficio stampa Sky

Giorgio Locatelli, migrato a Londra nei primi anni Ottanta per perfezionare l’arte culinaria che già gli scorreva nelle vene, è stato il primo chef italiano a ottenere una stella Michelin all’estero. Dal 2002 il suo ristorante Locanda Locatelli è un punto di riferimento per tutti coloro che a Londra desiderino fare un viaggio nella cucina italiana più autentica. Poi, nel 2018, l’inizio dell’avventura come giudice di Masterchef Italia, che lo ha reso una vera e propria star della tv. Il segreto? Il sodalizio vincente con Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri, stimati colleghi. Del primo, ammette lui, ruberebbe l’impareggiabile capacità di impiattamento; del secondo, la precisione assoluta.

Abbiamo incontrato Chef Locatelli in occasione del lancio del suo nuovo programma in solitaria, Home Restaurant, prodotto da Banijay Italia per Sky Italia. Un viaggio attraverso l’Italia in cui a sfidarsi sono chef amatoriali che lo accolgono nella propria casa. Ci ha raccontato la sua esperienza come chef, come personaggio televisivo e come imprenditore; senza timore di affrontare tematiche calde, come quella sui giovani e il lavoro, che ha generato non poche polemiche nelle ultime settimane.

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Foto: Ufficio stampa Sky

 

Sei andato a Londra giovanissimo e poi hai deciso di esportare là la cucina italiana, creando con Locanda Locatelli una sorta di antologia dei nostri sapori più tradizionali. Come hanno accolto gli inglesi la tua cucina? È stata pensata più per loro o per gli italiani espatriati?

Un ristoratore che decide chi sono i suoi clienti prima di aprire, nel 90% dei casi dopo due mesi ha chiuso il ristorante. Bisogna aprire al pubblico, per tutti. Certo, quando ho cominciato a fare cucina italiana verso la fine degli anni Ottanta, con Olivo, era molto più difficile. Soprattutto era difficile reperire prodotti italiani di qualità e prodotti freschi. Piano piano poi le cose sono cambiate. Quindi c’è stata una rivoluzione da parte mia nell’offrire, ma anche da parte del cliente nel recepire. Ad oggi la maggior parte dei miei clienti è inglese, anche se dopo Masterchef vengono spesso anche molti turisti italiani.

Hai dovuto adattare qualcuno dei nostri sapori al palato inglese?

No, mai. Ho sempre solo cercato di basare quello che cucinavo sulla qualità del prodotto che avevo e non ho mai cercato di diluire. Però chiaramente se qualcuno vuole la pasta un po’ più cotta gliela dobbiamo fare.

Qual è la richiesta più strana che tu abbia mai ricevuto?

No comment, non ne voglio parlare.

Il piatto che funziona di più nel tuo menù invece?

Allora, il menù cambia in totale circa 32 volte all’anno. C’è un turn over continuo, quindi la cosa che vende di più nel totale della cassa è il tiramisù, perché c’è sempre. Per esempio, però, gli spaghetti con l’aragosta scozzese quando ci sono sono un super seller. Il 35/40% delle persone mangia quello. In generale devo dire che solitamente vende tutto. Abbiamo un sistema che controlla le vendite giorno per giorno, quindi cerchiamo anche di seguire il trend. Considera che facciamo una cucina stagionale, quindi uno dei grossi “problemi” è riuscire ad accontentare la gente: quando qualcuno arriva e dice: “Ah ma io sono venuto per mangiare il coniglio”, e io rispondo che il coniglio lo usiamo solo quattro mesi all’anno.

Invece, tornando in Italia, hai detto che la Puglia e le regioni del Sud sono quelle che ti attraggono di più a livello culinario. Qual è il piatto a cui sei più affezionato?

La cucina pugliese mi piace tantissimo, è molto simile a quella siciliana ma con un’influenza greca molto più forte rimasta nel territorio. Passando da una località all’altra cambia: a Bari mangi in maniera completamente diversa da Lecce o da Brindisi. Polpo in pignata, in particolare, lo mangerei tutti i giorni.

Alcuni chef in queste ultime settimane hanno fatto delle affermazioni polemiche sul tema giovani e impegno nel lavoro e in cucina. Tu che cosa ne pensi?

Io vorrei che parlassero quelli che ci hanno messo tanto impegno e che la gavetta l’hanno fatta davvero. Perché i giovani italiani del nostro settore si stanno distinguendo nel mondo. Ovunque tu vada trovi giovani italiani preparatissimi che stanno facendo carriere incredibili: dal food and beverage al management di hotel a 5 stelle. La realtà è che stiamo sfornando dei cuochi intelligenti. Perché quando andavo a scuola io, all’alberghiero c’eravamo io e un altro ragazzo che facevamo quella scuola perché i nostri genitori avevano un ristorante. Mentre tutti gli altri o non avevano gli occhi dritti oppure facevano l’alberghiero come ripiego. Se eri bello venivi scelto per fare il cameriere, altrimenti ti mandavano in cucina. Così funzionava. Adesso invece abbiamo gente che sceglie di fare questo lavoro. Il nostro lavoro è diventato una professione, finalmente. È un posto dove si sta creando qualcosa che è importante per l’Italia, per il Made in Italy, e mi sembra proprio inopportuno dire che i giovani non vogliono lavorare la domenica.

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A proposito di cucina e cultura gastronomica, grazie a programmi come Masterchef sembra che negli ultimi anni la cultura della cucina di livello sia diventata molto più mainstream. È così?

No, non sono d’accordo con te su questo. Sicuramente la televisione ha cambiato un po’ il rapporto che la gente ha con il mangiare, ma lo ha cambiato per i giovani. La tradizione non è stata toccata, per la gente di una certa età non ha fatto alcuna differenza. La tv, poi, aiuta senza dubbio l’immagine e la conoscenza del nostro settore, perché stando seduto a casa tua puoi osservare e sperimentare cose che magari un tempo erano destinate solo a una certa categoria di persone.

Giorgio Locatelli

Foto: Ufficio stampa Sky

 

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A te invece, la tv ha cambiato? Non a livello di notorietà, ma in termini di esperienze e rapporti umani.

Sì, sei in un tunnel. Sto riscoprendo l’Italia adesso, negli ultimi anni, perché prima il tempo che vi trascorrevo era pochissimo. Facevo qualche viaggio in alcune città, ma faticavo a sentirmi italiano. Adesso invece mi sento molto più italiano. Anzi ora, sono davvero italiano.

In Home Restaurant sei orfano di Barbieri e Cannavacciuolo…

Mi mancano tantissimo.

C’è una cosa che ruberesti a Barbieri e una che ruberesti a Cannavacciuolo?

Allora, a Barbieri sicuramente la sua idea di precisione. Lui è una cosa incredibile quando lavora: prima di iniziare, la sua mise en place è sempre pronta e preparata. Io e Antonino, invece, ci dimentichiamo sempre qualcosa. Lui è davvero molto preciso, ma ha anche tanta creatività. Era già uno chef negli anni Ottanta, nel 1990 ha preso la prima stella; siamo nel 2022, sono più 30 anni e sono tanti in una carriera e lui è ancora al top facendo quello che fa. Da Antonino, invece, la sua capacità nell’impiattamento, che è incredibile. Io, te e chiunque potremmo avere gli stessi sei ingredienti da preparare e tagliare, ma sicuramente il suo piatto sarebbe più bello del mio e del tuo.

E loro cosa dovrebbero prendere da te?

Schiaffi! (ride) No, da me non lo so. Penso che andiamo d’accordo proprio per questo, perché siamo arrivati tutti ad uno stesso punto nella nostra carriera, ma in maniera completamente differente. Penso che la nostra relazione funzioni per questo, perché ci guardiamo sempre uno con l’altro.

Vi completate.

Yeah, in a way yeah.

Un’ultima domanda su Home Restaurant, ha detto che ci sono state sorprese parecchio scioccanti. Quale è stata quella più “sorprendente”?

Beh lo yoga facciale prima di mangiare non la definirei una sorpresa che ti riempie il ristorante! Non è stata una sorpresa, ma una condanna (ride). Altre invece ci hanno fatto morire dal ridere: a Napoli è arrivato questo uomo enorme, vestito da donna, che faceva la tombola sconcia, un po’ sexy. Lì saremmo potuti restare anche tutta la sera.