La chiacchieratissima serie Netflix Emily in Paris è entrata di nuovo nel mirino della critica, stavolta per uno scivolone che è stato intercettato dalla politica internazionale. La nuova stagione è stata accusata di ricorrere a stereotipi offensivi nel raccontare fatti e personaggi. Secondo quanto riferisce il sito della BBC, il ministero della Cultura di Kiev avrebbe inviato una lettera di protesta a Netflix perché un personaggio della nuova stagione della serie tv, l’ucraina Petra (interpretata dall’attrice Daria Panchenko), coinvolge la protagonista nel furto di abiti e borse in un grande magazzino francese, insieme alla protagonista. Inoltre il suo personaggio si veste senza gusto e in modo dozzinale, e vive continuamente nella paura di essere espulsa.
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“Un’immagine caricaturale e offensiva”, ha scritto su Telegram il ministro della Cultura ucraino Oleksandr Tkachenko. E ha aggiunto: “È così che vengono visti gli ucraini all’estero?”. Stando a quanto riportato dai media, inoltre, sempre il titolare del dicastero della Cultura avrebbe inviato una lettera ufficiale di proteste all’OTT dello streaming. Il caso, in Ucraina, è diventato molto popolare sui social network, tanto che alcuni post pubblicati su Instagram che parlano della rappresentazione di Petra nella serie Emily in Paris hanno raggiunto migliaia di interazioni. Ma a essere irritati dalla rappresentazione del popolo ucraino nella serie sono anche stati molti cittadini che risiedono da anni a Parigi. Tra questi, l’influencer Eugenie Hawrylko, che lo scorso 23 dicembre aveva reso pubblico il suo dissenso su Instagram: “Il modo in cui avete ritratto gli ucraini nella seconda stagione, nel quarto episodio, è un espediente scadente, nonché uno scandalo e una vergogna. E non posso credere che questo stia succedendo nel 2021”.
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Non è la prima volta che Emily in Paris viene criticata. Quando è uscita la prima stagione ad arrabbiarsi erano stati soprattutto i francesi, per le immagini stereotipate di Parigi e dei suoi abitanti, ritratti come persone maleducate, che indossano berretti e si divertono a tradire (piuttosto spesso) i loro partner. Inoltre la seconda stagione mostra un’immagine stereotipata degli inglesi attraverso il personaggio di Alfie, un giovane bancario londinese che trascorre il suo tempo libero a bere nei pub e a guardare partite di calcio.
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Emily in Paris critica: l’attacco del Ministero della Cultura di Kiev
Darren Star, creatore della serie, si era difeso dagli attacchi precedenti dicendo “di guardare Parigi attraverso una lente affascinante” e di avere attinto, per quella rappresentazione della città e dei suoi abitanti, dalle proprie esperienze di visita a Parigi. D’altronde Netflix è già incappata in errori di disattenzione, rappresentazioni caricaturali o errori di natura geopolitica. Ricordiamo, ad esempio, quanto accaduto con il Vietnam a luglio: un film di spionaggio internazionale, Pine Gap, è stato accusato dalle autorità vietnamite di trasmettere reiterate immagini non conformi all’attuale situazione politica del Paese del sud-est asiatico. Questi casi dimostrano al meglio come una piattaforma di streaming – un servizio molto popolare che contribuisce a diffondere la cultura cinematografica in tutto il mondo – debba sempre e comunque fare i conti con i contenuti che propone. Il rischio è quello di scatenare dei veri e propri casi diplomatici a livello internazionale, come avvenuto in Ucraina.