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L’uomo delle castagne: la serie thriller di Netflix che senza troppe pretese convince

La storia di un serial killer irrompe violentemente in un tranquillo sobborgo di Copenaghen portando alla luce i lati oscuri dell’infanzia di un’importante esponente politico del paese

di Sara Radegonda | 23 Ottobre 2021
Foto: Netflix

Sin dai primi istanti un lungo piano sequenza plongée mostra dall’alto i meravigliosi colori di un bosco. Tonalità che già preannunciano, in modo inequivocabile, l’estetica registica dei paesi del nord, in questo caso della DanimarcaL’uomo delle castagne è il nuovo thriller psicologico danese, prodotto da Netflix e diretto da Mikkel Serup, incentrato su pochi personaggi che incarnano perfettamente – senza cadere nella banalità – gli stereotipi della grande tradizione dei noir nordici. La serie è tratta dal romanzo d’esordio dello scrittore premiato Søren Sveistrup, tradotto in 28 lingue e pubblicato in 50 paesi.

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L’uomo delle castagne è la storia di un serial killer la cui indicibile violenza sconvolge la tranquillità di un sobborgo di Copenaghen. Le vicende narrate iniziano con il macabro ritrovamento, da parte della polizia, del corpo di una giovane madre brutalmente assassinata e senza una mano. Accanto al corpo, un omino fatto di castagne. Nel corso dei 6 episodi lo spettatore verrà introdotto nella tradizione degli omini di castagne tipica dei Paesi del nord Europa che qui assume connotati oscuri in un climax crescente di brutalità. Il primo omicidio innesca poi una serie di altri ritrovamenti, assegnati all’ambiziosa giovane detective Naia Thulin (Danica Curcic) e al suo nuovo partner Mark Hess (Mikkel Boe Følsgaard). La coppia ben presto scopre sull’oggetto una prova misteriosa che lo collega al caso della scomparsa della figlia della politica Rosa Hartung (Iben Dorner) ormai creduta morta.

L'uomo delle castagne

Foto: Netflix

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Una serie che non ha la pretesa di sconvolgere lo spettatore ma che con un ritmo perfetto di narrazione si insinua nei meandri della mente costringendo ad un sano binge watching, spinto non dalla morbosità ma dalla curiosità. I personaggi, nonostante incarnino perfettamente gli stereotipi del classico thriller, come la detective dalla vita problematica divisa tra famiglia e carriera, trovano la loro dimensione in una storia di equilibrio strutturale. Senza troppi colpi di scena l’indagine sul serial killer si svolge senza troppa foga, dando modo a chi guarda di concentrarsi sui dettagli, senza per forza aspirare alla risoluzione del mistero.

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L’uomo delle castagne Netflix recensione: la forza di un finale ben fatto

Una componente degna di nota è senza dubbio il finale, a cui è legittimo dare spazio. [Attenzione spoiler] Da quando Netflix ha fatto il suo irruento ingresso nel panorama seriale, spesso cambiandone tutti i paradigmi, ci siamo abituati a vedere prodotti seriali ben fatti – anche senza urlare al rivoluzionario – ma con un finali che spesso e volentieri vanno a rovinare tutto il percorso costruito nel corso degli episodi. Cliffhanger forzati e fin troppo esasperati, soprattutto nel genere crime e thriller, hanno dominato gli epiloghi di serie tv e film solo perché la contemporaneità audiovisiva ha un serio problema con i finali. Nel caso de L’uomo delle castagne ciò non avviene perché la morte del killer e il ritrovamento di Kristina, scomparsa da un anno, chiude in modo degno, anche se un po’ banale, la serie. Per chi è stanco di forzati finali aperti finalmente avrà la conferma che per fare un buon thriller non è necessario lasciare niente in sospeso.

L'uomo delle castagne Netflix

Foto: Netflix